mercoledì 15 agosto 2012

IL FUTURO PROGRESSO DI NOI SARDI DIPENDE DAL NOSTRO MARE

 IL  FUTURO PROGRESSO DI  NOI SARDI DIPENDE DAL NOSTRO MARE
Perchè la Sardegna può e deve diventare il più importante centro di servizi marittimi e di attività marittima del Mediterraneo 
       



Diventiamo padroni e facciamo crescere dovutamente ‘l’economia sarda affinchè mai più i nostri figli emigrino per fare i servi dei continentali e mai continentaliarrivino per fare i padroni della nostra Isola sfruttandola gratuitamente ed inquinadola irresponsabilmente














La Sardegna è un’isola e, come tale è una terra naturalmente legata al mare, anzi il mare, quale sua stessa condizione sine qua non, è stato dai primordi del mondo, cioè da quando si è formata queterra,una parte essenziale della sua stessa naturPertanto, il mare è eternamente legato all’ambiente sardo non solo in senso geografico, ma anche storico.
Esso, infatti, in ogni epoca, compresa quella presente, ha sempre svolto un ruolo primario nella vita della popolazione isolana; ha cioè avuto un peso determinante nello sviluppo materiale, mentale e spirituale della sua popolazione.
E’, lecito affermare che dal mare sono dipese le stesse fortune o sfortune storiche di quest’Isola, poichè il fatto che esso l’abbia isolata dal resto del mondo è vero ogniqualvolta il suo popolo ne ha perso il controllo e quindi si è lasciato tagliare fuori dalle correnti dei traffici mercantili marittimi.
D’altronde l’ analisi storica dei rapporti che i Sardi hanno avuto con il mare dimostra ampiamente che il benessere o il malessere socio-economico e culturale   della terra sarda, in ogni epoca storica, è essenzialmente dipeso, oltre che dal loro lavoro, dal loro spirito imprenditoriale e dalle risorse isolane, essenzialmente dalla libertà o non libertà che essi hanno avuto di operare sul loro mare.
L’analisi storica  dimostra anche, molto ampiamente,che l’economia sarda può arricchirsi solo quando i suoi prodotti possono attraversare il mare e che l’arricchimento che essi hanno prodotto è sempre indirizzato, quasi esclusivamente, a coloro che detengono il controllo dei traffici marittimi isolani.
Pertanto, si può ass erire che il futuro dei Sardi inevitabilmente dipenderà, in ogni caso, dal grado di controllo che essi sapranno esercitare nel loro mare.
Tuttavia la Sardegna, ancora oggi nell’esordio del secondo dcennio  terzo millennio, dopo quasi tre secoli, cioè da quando con tutti i suoi abitanti, è stata forzatamente posta alle dipendenze, prima degli interessi coloniali del Piemonte, e poi di quelli ben più distruttivi dell’intera Italia, costituisce il più grande paradosso della geografia umana che si possa riscontrare in tutte le regioni dell’Europa.
L’Isola, infatti, anche se, per essere tale, è naturalmente cinta dal mare, risulta a tutti gli effetti, se non geograficamente almeno umanamente, staccata da esso, poichè troppi Sardi, per il plagio culturale a cui sono stati sottoposti, sono ancora portati a considerare il mare, non come una parte integrale del loro habitat naturale, ma come uno scomodo limite che vincola negativamente la loro esistenza.
Si deve, quindi, concludere che, ancora oggi, una grande ed invisibile barriera di filo spinato, costituita da subdoli e pesanti impedimenti politici, economici e culturali, continua a separare, in modo quasi irreparabile, i Sardi dal mare; sono impedimenti programmati per soffocare ogni iniziativa marinara locale e quindi fanno si che venga inibito nei Sardi anche ogni minimo sprazzo di fantasia creativa che porti a considerare il mare come un importante e fondamentale fattore di rinnovamento economico della loro terra.
Si vieta, pertanto, ai Sardi di affermare e di utilizzare ogni minimo barlume della grande vocazione marinara che possiede la loro terra, per cui, nell’attuale cultura sarda il mare svolge il ruolo di frutto proibito che si può solo guardare ma non toccare e mangiare.
Le ragioni per cui è stata interposta questa barriera fra i Sardi ed il mare vanno individuate essenzialmente nell’interesse coloniale di impedire ad essi di acquistare una forza economica che possa ostacolare l’azione di vampirismo che l’economia italiana ha sempre esercitato sull’economia isolana.
Ciò è più comprensibile se si considera che la Sardegna, anche se per l’entità della sua popolazione, ha sempre costituito un mercato di modesta importanza, ha tuttavia la grande prerogativa di affacciarsi in un avanmare che, specie dopo l’apertura del Canale di Suez, è diventato l’arteria vitale di tutta l’economia del Mediterraneo; pertanto l’economia sarda potrebbe crescere e moltiplicarsi notevolmente solo se avesse la facoltà di affacciarsi liberamente e direttamente su questo avanmare; quindi solo se i Sardi avessero la facoltà di riappropriarsi del loro mare.
E’  più che evidente che i Sardi in tutta l’era moderna sono stati tenuti lontano dal mare proprio per impedire che la loro economia, anzichè un ruolo attivo in funzione dei più vitali interessi isolani, svolgesse un ruolo passivo dterminato da  interessi esterni.
Pertanto, essi, posti nell’impossibilità di operare  liberamente in questo avanmare e quindi anche di avere rapporti economici diretti con il mondo esterno, sono stati costretti a sottostare ai rapaci condizionamenti  dell’economia italiana.
Ed è proprio per l’azione di questa interferenza truffaldina che essi, così come nel passato, dopo  essre stati spogliati quasi completamente di tutte le più importanti e ricche  risorse della loro terra, oggi vengono strumentalizzati assieme a quel poco di economia che resta nell’Isola, si ritrovano in uno stato di ctrscente  disperata  indigenza  creata  da interessi esterni che gravano sull'Ir ben più distruttivi  di quelli del passato. 
Così, ne'attuale situazione di degrado sociale, economico e culturale in cui versamo i Sardi  a causa dei menzionati interessi esterni, si continua ad impedie il ritorno dei Sardi al mare per il timore che essi possano assumerne il controllo, perché questo sarebbe il presupposto fondamentale per l’attuazione di un loro autonomo rinnovamento economico-culturale e quindi della loro stessa libertà.
Ciò, non diversamente dal passato, ancora ai giorni nostri, viene attuato astutamente preferibilmente oltre che escludendoli dalle attività marinare svolte nell' Isola dagli operatorii ltaliani, privandoli sopratutto di tutte quelle istituzioni indispensbili  per una loro formazione culturare e professionale marinara.
Così , malgrado la Sardegna possega ben 1849 km.  di coste  contro i circa i 7300 Km di coste possedute dlla Penisola Italiana comprese le sue isole minori e l'intera  Sicilia, è tuttora priva  di una facoltà di ingegneria navale che è invece presente, oltre che in Genova, Pisa (Accademia Navale), Napoli   e Trieste , persino  in Messina.
Gli unici  centri scolastici dd'istruzione  nautica sono due itituti nautici presenti uno in Cagliari e l'altro a Carloforte, che  preparono solo ufficiali di macchina ,mentre gli altru centri costieri isolani,quale S.Antioco, Oristano, Bosa, Alghero, Portotorres ed Olbia sono privi diquaksiasi centtro scolastico d'istruzione marinara
per cui la qusi totalità dei Sardi che vedono quoitidianamente il mare  sa solo che esso  serve per fare i bagni estivi e per praticarvi lo sport della pesca sempre che si sia muniti di relativo costoso patentino.
Oltretitto non mirulta che in qualche centro abitato del lungo periplo costiero della Sardegna  lo Stato o la Regione abbiano mai istituito dei corsi di avviamento professionale per la nautica od altra attività marinara.
 Parimenti  nello stesso perièlo non esistono nemmeno centri di attività di rilievo importante come è dimostrato dal fatto che non vi è presente  un solo bacino di carenaggio o cantiere navale per  natanti di stazza superiore a quella dei piccoli pescherecci.
Si può quindi affermare senza tema di smentita che tutto ciò fa si che tutto ciò impedisce ai Sardi di appartenere al mare  e al mare di appartenere ai Sardi.
Anche se negl ultimi decennii alcune centinaia di Sardi spinti dalla disoccupazione  o si sono dedicati alla piccola pesca,la loro attività non  è molto redditizia perchè ad essi viene vietato di pescare qui e di pescare là anche per   memtre flotte di pescherecci provvenienti dalle coste italiane continuano a distruggere quel poco che resta della  rinomata ricca  pescosità dei suoi fondali che è stata inpunemente letteralmente saccheggita dai pescatori liguri, toscani, campani e siciliani addiritura con reti fuorilegge.
Quanto poco i Sardi siano padroni del loro mare è posto in evidenza dallo scandaloso e assurdo episodio in avvenuto nell’estate del 2007 nel corso del quale ad sard, nella spiaggia del Sinis con la minaccia di gravi sanzioni è stato costretto a riversare in mare dieci litri di acqua salata che vi aveva appena attinto per uso terapeutico.
Pertanto, la grande ed invisibile barriera di filo spinato che ancora oggi è interposta fra i Sardi ed il loro mare non è altro che il confine di quell’apartaid che da quasi tre secoli, soffocandone il naturale respiro, ha trasformato la loro terra nella loro stessa prigione per precludere così un migliore futuro ai loro figli.
Oggi, più che mai i Sardi  se vogliono soprevvivre nella loro terra con la proèria identità etnico-culturale e con i loro non comuni valori spirituali devono necessariamente  riacquistare un pieno controllo del loro mare poichè  questa e la condizione sine quua non per arrestare la rapacità  del sistema italiano dei  collegamenti marittimi che opera  nell'Isola ma anche per salvarla dagli effetti più deleteri della crisi che sta attanagliando la maggior parte dell'Europa Mediterranea.
In Sardegna sta affondando tutto nel nula a causa dell'incapacità e governativa della falsa e rapace democrazia del Governo  di Roma che dalla fine del secondo conflitto mondiale ha vergognosamente ingannato i Sardi  con falsi piani di rinascita  e fallimentari piani di industrializzazione   di imprenditori extrainsulari che dopo essersi arricchiti alle spalle dei Sardi abbandonamo l'Isola dopo avere inquinato mortalmente grandi estensioni del suo teritorio  lasciandovi centinaia di migliaia di disperati disoccupati.
 Malgrado  questa tragica  e disperata situazione, anche se la Sardegna N
nel corso di un secolo e mezzo è stata letteralmente saccheggiata daL neocolonialismo italiano  di tutte le sue ricchwzze  esportabili, vi esistono ancora numerose risorse naturali che nessuno mai potrà mai portare via perchò sono insite nella sua stessa  natura  le quali se opportunamente  gestite crazionalmente dai Sardi nel'interesse dei Sardi potrebbero dare il via ad un lungo e duraturo periodo di reale progresso alla vita isolama.
E' evidente che fra quester isorse, oltre la  centrtale posizione geografica ed il clima dell' 'Isola, la più importante  è senz'altro il mare,lo stesso maresu cui in  un non lontano passato città come Genova, Pisa e Venezia hanno per numerosi secoli fondto le loro fortune ed assunto un ruolo importantissimo in tutta la storia del Mediterraneo.
Pertanto appare plausibile che rimuovendo tutti gli ostacoli che sino al presente separano i Sardi dal mare  possa essere rivitalizzata in essi  quella loro grande  cultura marinara  che in un lontano passato  li rese famosi come Re del Mare.
Che  ciò e tutt'altro che una utopia ce lo hanno dimostrato  le imprese sul mare di Andrea Mura che qualificandolo come piccolo re del mare moderno paiono incitare tuttii Sardi a riapropriarsi del loro mare poicchè egli è 'l'esempio vivente  che i suoi conterranei non sono geneticamente alieni al mare.

  Riteniamo  pertanto  sche i Sardi, anche se ciò non sra qualcosa di facile ed immediato, siano siano capaci di creare   lo s viluppo di una nuova economia isolana fondta  sul mare che sia sarda di nome  e di fatto, cioè creata  e gestita solo dai  Sardi concordemente ai loro più vitali interessi e ideali.
A tal fine iprimo passo da fare e che tutto il Popolo Sardoconcordemente e fermamente deve esigere dal Governo Regionale e dal Governo di Roma che,oltre  l'istituzione in tutti i principali abitati costieri isolani  di  tutti centri scolatici e di formazione professionale atti a riattivare nei Sardi una cultura marina e una propensione per le attività marinare, venga data ai Sardi la proprietà di una flotta per il ltrasporto di merci e passeggeri in modo da annullare il rapace monopolio e i disservizi che sinora le compagnie di navigazione italiane hannno esercitato nel settore dei trasporti isolani-
Anzi il Governo di Roma ha il dovere di appagare qust'ultima richiesta del Popolo Sardo annullando la vendita fallimentare  delle navi  della TIirrenia all'armatore napoletano Vincenzo Onorato perchè quelle 18  navi appartengono  già ai Sardi se non de fato almeno de iure.
Appartengono ai  Sardi, oltre che per diritto di prelazione, anche per il grande debito  delle  quote  dei prelievi fiscali sardi che il governoi miliardi di euro che lo Stato Italiano non ha ancora pagato  alla Regione Sarda.
Pertantoil Governo di Roma se non vuole confermare davanti a tutta
l'Europa che l'Italia  è per i Sardi un'avida matrigna anzichè una patria, ha lo  storico dovere morale di consegnare ai Sari le nevi della Tirrenia alle identiche condizioni con cui le ha cedute  al signor  Vincenzo Onorato,per scontare quindi  dal suo non  pagato debito che ha con la regione  il orezzo della vendita che deve essere pari a 378  milioni di euro.
 









Estrattoa dal nuovo studiio di F.Bruno Vacca 
               I SARDI ED IL MARE
       Casa Editrice disposta a pubblicarlo
             contatti :

 f.bruno vacca@tiscali.it

Nessun commento:

Posta un commento