IL FUTURO PROGRESSO DI NOI SARDI DIPENDE DAL NOSTRO MARE
Perchè la Sardegna può e deve diventare il più importante centro di servizi marittimi e di attività marittima del Mediterraneo
La Sardegna è un’isola e, come tale è una terra naturalmente legata al mare, anzi il mare, quale sua stessa condizione sine qua non, è stato dai primordi del mondo, cioè da quando si è formata queterra,una parte essenziale della sua stessa naturPertanto, il mare è eternamente legato all’ambiente sardo non solo in senso geografico, ma anche storico.
Esso, infatti, in ogni epoca, compresa quella presente, ha sempre svolto un ruolo primario nella vita della popolazione isolana; ha cioè avuto un peso determinante nello sviluppo materiale, mentale e spirituale della sua popolazione.
E’, lecito affermare che dal mare sono dipese le stesse fortune o sfortune storiche di quest’Isola, poichè il fatto che esso l’abbia isolata dal resto del mondo è vero ogniqualvolta il suo popolo ne ha perso il controllo e quindi si è lasciato tagliare fuori dalle correnti dei traffici mercantili marittimi.
D’altronde l’ analisi storica dei rapporti che i Sardi hanno avuto con il mare dimostra ampiamente che il benessere o il malessere socio-economico e culturale della terra sarda, in ogni epoca storica, è essenzialmente dipeso, oltre che dal loro lavoro, dal loro spirito imprenditoriale e dalle risorse isolane, essenzialmente dalla libertà o non libertà che essi hanno avuto di operare sul loro mare.
L’analisi storica dimostra anche, molto ampiamente,che l’economia sarda può arricchirsi solo quando i suoi prodotti possono attraversare il mare e che l’arricchimento che essi hanno prodotto è sempre indirizzato, quasi esclusivamente, a coloro che detengono il controllo dei traffici marittimi isolani.
Pertanto, si può ass erire che il futuro dei Sardi inevitabilmente dipenderà, in ogni caso, dal grado di controllo che essi sapranno esercitare nel loro mare.
Tuttavia la Sardegna, ancora oggi nell’esordio del secondo dcennio terzo millennio, dopo quasi tre secoli, cioè da quando con tutti i suoi abitanti, è stata forzatamente posta alle dipendenze, prima degli interessi coloniali del Piemonte, e poi di quelli ben più distruttivi dell’intera Italia, costituisce il più grande paradosso della geografia umana che si possa riscontrare in tutte le regioni dell’Europa.
L’Isola, infatti, anche se, per essere tale, è naturalmente cinta dal mare, risulta a tutti gli effetti, se non geograficamente almeno umanamente, staccata da esso, poichè troppi Sardi, per il plagio culturale a cui sono stati sottoposti, sono ancora portati a considerare il mare, non come una parte integrale del loro habitat naturale, ma come uno scomodo limite che vincola negativamente la loro esistenza.
Si deve, quindi, concludere che, ancora oggi, una grande ed invisibile barriera di filo spinato, costituita da subdoli e pesanti impedimenti politici, economici e culturali, continua a separare, in modo quasi irreparabile, i Sardi dal mare; sono impedimenti programmati per soffocare ogni iniziativa marinara locale e quindi fanno si che venga inibito nei Sardi anche ogni minimo sprazzo di fantasia creativa che porti a considerare il mare come un importante e fondamentale fattore di rinnovamento economico della loro terra.
Si vieta, pertanto, ai Sardi di affermare e di utilizzare ogni minimo barlume della grande vocazione marinara che possiede la loro terra, per cui, nell’attuale cultura sarda il mare svolge il ruolo di frutto proibito che si può solo guardare ma non toccare e mangiare.
Le ragioni per cui è stata interposta questa barriera fra i Sardi ed il mare vanno individuate essenzialmente nell’interesse coloniale di impedire ad essi di acquistare una forza economica che possa ostacolare l’azione di vampirismo che l’economia italiana ha sempre esercitato sull’economia isolana.
Ciò è più comprensibile se si considera che la Sardegna, anche se per l’entità della sua popolazione, ha sempre costituito un mercato di modesta importanza, ha tuttavia la grande prerogativa di affacciarsi in un avanmare che, specie dopo l’apertura del Canale di Suez, è diventato l’arteria vitale di tutta l’economia del Mediterraneo; pertanto l’economia sarda potrebbe crescere e moltiplicarsi notevolmente solo se avesse la facoltà di affacciarsi liberamente e direttamente su questo avanmare; quindi solo se i Sardi avessero la facoltà di riappropriarsi del loro mare.
E’ più che evidente che i Sardi in tutta l’era moderna sono stati tenuti lontano dal mare proprio per impedire che la loro economia, anzichè un ruolo attivo in funzione dei più vitali interessi isolani, svolgesse un ruolo passivo dterminato da interessi esterni.
Pertanto, essi, posti nell’impossibilità di operare liberamente in questo avanmare e quindi anche di avere rapporti economici diretti con il mondo esterno, sono stati costretti a sottostare ai rapaci condizionamenti dell’economia italiana.
Ed è proprio per l’azione di questa interferenza truffaldina che essi, così come nel passato, dopo essre stati spogliati quasi completamente di tutte le più importanti e ricche risorse della loro terra, oggi vengono strumentalizzati assieme a quel poco di economia che resta nell’Isola, si ritrovano in uno stato di ctrscente disperata indigenza creata da interessi esterni che gravano sull'Ir ben più distruttivi di quelli del passato.
Così, ne'attuale situazione di degrado sociale, economico e culturale in cui versamo i Sardi a causa dei menzionati interessi esterni, si continua ad impedie il ritorno dei Sardi al mare per il timore che essi possano assumerne il controllo, perché questo sarebbe il presupposto fondamentale per l’attuazione di un loro autonomo rinnovamento economico-culturale e quindi della loro stessa libertà.
Ciò, non diversamente dal passato, ancora ai giorni nostri, viene attuato astutamente preferibilmente oltre che escludendoli dalle attività marinare svolte nell' Isola dagli operatorii ltaliani, privandoli sopratutto di tutte quelle istituzioni indispensbili per una loro formazione culturare e professionale marinara.
Così , malgrado la Sardegna possega ben 1849 km. di coste contro i circa i 7300 Km di coste possedute dlla Penisola Italiana comprese le sue isole minori e l'intera Sicilia, è tuttora priva di una facoltà di ingegneria navale che è invece presente, oltre che in Genova, Pisa (Accademia Navale), Napoli e Trieste , persino in Messina.
Oltretitto non mirulta che in qualche centro abitato del lungo periplo costiero della Sardegna lo Stato o la Regione abbiano mai istituito dei corsi di avviamento professionale per la nautica od altra attività marinara.
Parimenti nello stesso perièlo non esistono nemmeno centri di attività di rilievo importante come è dimostrato dal fatto che non vi è presente un solo bacino di carenaggio o cantiere navale per natanti di stazza superiore a quella dei piccoli pescherecci.
Si può quindi affermare senza tema di smentita che tutto ciò fa si che tutto ciò impedisce ai Sardi di appartenere al mare e al mare di appartenere ai Sardi.
Ciò, non diversamente dal passato, ancora ai giorni nostri, viene attuato astutamente preferibilmente oltre che escludendoli dalle attività marinare svolte nell' Isola dagli operatorii ltaliani, privandoli sopratutto di tutte quelle istituzioni indispensbili per una loro formazione culturare e professionale marinara.
Così , malgrado la Sardegna possega ben 1849 km. di coste contro i circa i 7300 Km di coste possedute dlla Penisola Italiana comprese le sue isole minori e l'intera Sicilia, è tuttora priva di una facoltà di ingegneria navale che è invece presente, oltre che in Genova, Pisa (Accademia Navale), Napoli e Trieste , persino in Messina.
Gli unici centri scolastici dd'istruzione nautica sono due itituti nautici presenti uno in Cagliari e l'altro a Carloforte, che preparono solo ufficiali di macchina ,mentre gli altru centri costieri isolani,quale S.Antioco, Oristano, Bosa, Alghero, Portotorres ed Olbia sono privi diquaksiasi centtro scolastico d'istruzione marinara
per cui la qusi totalità dei Sardi che vedono quoitidianamente il mare sa solo che esso serve per fare i bagni estivi e per praticarvi lo sport della pesca sempre che si sia muniti di relativo costoso patentino.Oltretitto non mirulta che in qualche centro abitato del lungo periplo costiero della Sardegna lo Stato o la Regione abbiano mai istituito dei corsi di avviamento professionale per la nautica od altra attività marinara.
Parimenti nello stesso perièlo non esistono nemmeno centri di attività di rilievo importante come è dimostrato dal fatto che non vi è presente un solo bacino di carenaggio o cantiere navale per natanti di stazza superiore a quella dei piccoli pescherecci.
Si può quindi affermare senza tema di smentita che tutto ciò fa si che tutto ciò impedisce ai Sardi di appartenere al mare e al mare di appartenere ai Sardi.
Anche se negl ultimi decennii alcune centinaia di Sardi spinti dalla disoccupazione o si sono dedicati alla piccola pesca,la loro attività non è molto redditizia perchè ad essi viene vietato di pescare qui e di pescare là anche per memtre flotte di pescherecci provvenienti dalle coste italiane continuano a distruggere quel poco che resta della rinomata ricca pescosità dei suoi fondali che è stata inpunemente letteralmente saccheggita dai pescatori liguri, toscani, campani e siciliani addiritura con reti fuorilegge.
Quanto poco i Sardi siano padroni del loro mare è posto in evidenza dallo scandaloso e assurdo episodio in avvenuto nell’estate del 2007 nel corso del quale ad sard, nella spiaggia del Sinis con la minaccia di gravi sanzioni è stato costretto a riversare in mare dieci litri di acqua salata che vi aveva appena attinto per uso terapeutico.
Pertanto, la grande ed invisibile barriera di filo spinato che ancora oggi è interposta fra i Sardi ed il loro mare non è altro che il confine di quell’apartaid che da quasi tre secoli, soffocandone il naturale respiro, ha trasformato la loro terra nella loro stessa prigione per precludere così un migliore futuro ai loro figli.
Oggi, più che mai i Sardi se vogliono soprevvivre nella loro terra con la proèria identità etnico-culturale e con i loro non comuni valori spirituali devono necessariamente riacquistare un pieno controllo del loro mare poichè questa e la condizione sine quua non per arrestare la rapacità del sistema italiano dei collegamenti marittimi che opera nell'Isola ma anche per salvarla dagli effetti più deleteri della crisi che sta attanagliando la maggior parte dell'Europa Mediterranea.
In Sardegna sta affondando tutto nel nula a causa dell'incapacità e governativa della falsa e rapace democrazia del Governo di Roma che dalla fine del secondo conflitto mondiale ha vergognosamente ingannato i Sardi con falsi piani di rinascita e fallimentari piani di industrializzazione di imprenditori extrainsulari che dopo essersi arricchiti alle spalle dei Sardi abbandonamo l'Isola dopo avere inquinato mortalmente grandi estensioni del suo teritorio lasciandovi centinaia di migliaia di disperati disoccupati.
Malgrado questa tragica e disperata situazione, anche se la Sardegna N
nel corso di un secolo e mezzo è stata letteralmente saccheggiata daL neocolonialismo italiano di tutte le sue ricchwzze esportabili, vi esistono ancora numerose risorse naturali che nessuno mai potrà mai portare via perchò sono insite nella sua stessa natura le quali se opportunamente gestite crazionalmente dai Sardi nel'interesse dei Sardi potrebbero dare il via ad un lungo e duraturo periodo di reale progresso alla vita isolama.
E' evidente che fra quester isorse, oltre la centrtale posizione geografica ed il clima dell' 'Isola, la più importante è senz'altro il mare,lo stesso maresu cui in un non lontano passato città come Genova, Pisa e Venezia hanno per numerosi secoli fondto le loro fortune ed assunto un ruolo importantissimo in tutta la storia del Mediterraneo.
Pertanto appare plausibile che rimuovendo tutti gli ostacoli che sino al presente separano i Sardi dal mare possa essere rivitalizzata in essi quella loro grande cultura marinara che in un lontano passato li rese famosi come Re del Mare.
Che ciò e tutt'altro che una utopia ce lo hanno dimostrato le imprese sul mare di Andrea Mura che qualificandolo come piccolo re del mare moderno paiono incitare tuttii Sardi a riapropriarsi del loro mare poicchè egli è 'l'esempio vivente che i suoi conterranei non sono geneticamente alieni al mare.
Riteniamo pertanto sche i Sardi, anche se ciò non sra qualcosa di facile ed immediato, siano siano capaci di creare lo s viluppo di una nuova economia isolana fondta sul mare che sia sarda di nome e di fatto, cioè creata e gestita solo dai Sardi concordemente ai loro più vitali interessi e ideali.
In Sardegna sta affondando tutto nel nula a causa dell'incapacità e governativa della falsa e rapace democrazia del Governo di Roma che dalla fine del secondo conflitto mondiale ha vergognosamente ingannato i Sardi con falsi piani di rinascita e fallimentari piani di industrializzazione di imprenditori extrainsulari che dopo essersi arricchiti alle spalle dei Sardi abbandonamo l'Isola dopo avere inquinato mortalmente grandi estensioni del suo teritorio lasciandovi centinaia di migliaia di disperati disoccupati.
Malgrado questa tragica e disperata situazione, anche se la Sardegna N
nel corso di un secolo e mezzo è stata letteralmente saccheggiata daL neocolonialismo italiano di tutte le sue ricchwzze esportabili, vi esistono ancora numerose risorse naturali che nessuno mai potrà mai portare via perchò sono insite nella sua stessa natura le quali se opportunamente gestite crazionalmente dai Sardi nel'interesse dei Sardi potrebbero dare il via ad un lungo e duraturo periodo di reale progresso alla vita isolama.
E' evidente che fra quester isorse, oltre la centrtale posizione geografica ed il clima dell' 'Isola, la più importante è senz'altro il mare,lo stesso maresu cui in un non lontano passato città come Genova, Pisa e Venezia hanno per numerosi secoli fondto le loro fortune ed assunto un ruolo importantissimo in tutta la storia del Mediterraneo.
Pertanto appare plausibile che rimuovendo tutti gli ostacoli che sino al presente separano i Sardi dal mare possa essere rivitalizzata in essi quella loro grande cultura marinara che in un lontano passato li rese famosi come Re del Mare.
Che ciò e tutt'altro che una utopia ce lo hanno dimostrato le imprese sul mare di Andrea Mura che qualificandolo come piccolo re del mare moderno paiono incitare tuttii Sardi a riapropriarsi del loro mare poicchè egli è 'l'esempio vivente che i suoi conterranei non sono geneticamente alieni al mare.
Riteniamo pertanto sche i Sardi, anche se ciò non sra qualcosa di facile ed immediato, siano siano capaci di creare lo s viluppo di una nuova economia isolana fondta sul mare che sia sarda di nome e di fatto, cioè creata e gestita solo dai Sardi concordemente ai loro più vitali interessi e ideali.
A tal fine iprimo passo da fare e che tutto il Popolo Sardoconcordemente e fermamente deve esigere dal Governo Regionale e dal Governo di Roma che,oltre l'istituzione in tutti i principali abitati costieri isolani di tutti centri scolatici e di formazione professionale atti a riattivare nei Sardi una cultura marina e una propensione per le attività marinare, venga data ai Sardi la proprietà di una flotta per il ltrasporto di merci e passeggeri in modo da annullare il rapace monopolio e i disservizi che sinora le compagnie di navigazione italiane hannno esercitato nel settore dei trasporti isolani-
Anzi il Governo di Roma ha il dovere di appagare qust'ultima richiesta del Popolo Sardo annullando la vendita fallimentare delle navi della TIirrenia all'armatore napoletano Vincenzo Onorato perchè quelle 18 navi appartengono già ai Sardi se non de fato almeno de iure.
Appartengono ai Sardi, oltre che per diritto di prelazione, anche per il grande debito delle quote dei prelievi fiscali sardi che il governoi miliardi di euro che lo Stato Italiano non ha ancora pagato alla Regione Sarda.
Pertantoil Governo di Roma se non vuole confermare davanti a tutta
l'Europa che l'Italia è per i Sardi un'avida matrigna anzichè una patria, ha lo storico dovere morale di consegnare ai Sari le nevi della Tirrenia alle identiche condizioni con cui le ha cedute al signor Vincenzo Onorato,per scontare quindi dal suo non pagato debito che ha con la regione il orezzo della vendita che deve essere pari a 378 milioni di euro.
Estrattoa dal nuovo studiio di F.Bruno Vacca
I SARDI ED IL MARE
Casa Editrice disposta a pubblicarlo
contatti :Anzi il Governo di Roma ha il dovere di appagare qust'ultima richiesta del Popolo Sardo annullando la vendita fallimentare delle navi della TIirrenia all'armatore napoletano Vincenzo Onorato perchè quelle 18 navi appartengono già ai Sardi se non de fato almeno de iure.
Appartengono ai Sardi, oltre che per diritto di prelazione, anche per il grande debito delle quote dei prelievi fiscali sardi che il governoi miliardi di euro che lo Stato Italiano non ha ancora pagato alla Regione Sarda.
Pertantoil Governo di Roma se non vuole confermare davanti a tutta
l'Europa che l'Italia è per i Sardi un'avida matrigna anzichè una patria, ha lo storico dovere morale di consegnare ai Sari le nevi della Tirrenia alle identiche condizioni con cui le ha cedute al signor Vincenzo Onorato,per scontare quindi dal suo non pagato debito che ha con la regione il orezzo della vendita che deve essere pari a 378 milioni di euro.
Estrattoa dal nuovo studiio di F.Bruno Vacca
I SARDI ED IL MARE
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f.bruno vacca@tiscali.it
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